Sibari, l’archeologia vivente con la danza

Una serata fatta di magia e suggestioni quella del 21 agosto sera, con replica il 22, che ha visto protagonisti indiscussi i resti dell’antica città di Sibari e i giovani della Compagnia di ballo CREATE Danza con i giovani allievi del progetto CREATE Pro, nella messa in scena PHAOS, spettacolo di luci e movimenti che si snoda nel percorso delle tracce archeologiche in notturna, sotto una bellissima falce di luna dorata, regista e coreografo Pasquale Stabile.

Guardando queste splendide scene, con i ballerini prima vestiti di nero assoluto, poi di bianco e poi di rosso, passare dalla tragedia, alla lussuria, al candore, ho pensato ai meravigliosi vasi, ai piatti con decori di danzatori, donne e uomini, e ai sensuali e scolpiti corpi rappresentati su questi oggetti classici, eleganti, sinuosi, tipici della bellezza magnogreca, custoditi nel vicino museo. La selezione musicale esaltava la scena con i corpi dei ballerini che emergevano dalle tenebre, poi alla luce e poi di nuovo in ombra, quasi a rappresentare le nostre vite e i chiaroscuri che ci circondano ogni giorno che la attraversiamo.

Lo spettacolo è parte di una originale rassegna, tenacemente voluta dal direttore dei Musei Regionali Filippo Demma, in collaborazione con Armonie d’Arte Festival e la sua curatrice e direttrice Chiara Giordano, nell’ambito di una stagione estiva che vede il Museo di Sibari aprire le porte ai territori, con artisti, musicisti, performers nelle più varie espressioni coerenti con la vocazione del Parco archeologico. Phaos in greco significa proprio luce, con la radice che viene dal verbo mostrare, mettere in luce, ovvero come ciò che ci permette di vedere oltre il buio, che svela e rivela, come è accaduto ieri sera svelando le suggestive viscere delle terre antiche della città romana, ancora prima magnogreca. Le danze, nel mondo greco antico, avevano valore di connessione rievocativa, in cui i partecipanti potevano muoversi per costruire scene nelle scene, e rendere viva qualsiasi narrazione, e nello spettacolo di ieri sera i tre momenti scenici si sono svolti in diversi spazi del parco archeologico. L’inizio con i ballerini in nero assoluto che si muovono lungo il decumano per raggiungere l’anfiteatro, poi la presa e apertura della porta come quando Orfeo libera Euridice dagli inferi, i ballerini che si manifestano negli abiti bianchi della purezza, ancora una lunga e sensuale danza in un rosso infuocato e una lotta di corpi come un amplesso, infine il passaggio, in lontananza, lungo il Cardo di una sposa anch’essa candida seguita da un corteo, e la conclusione con un angelo dalle enormi ali bianche che volteggiando ha fatto rivivere la profonda ed estesa spazialità del luogo.

Il vero significato di questa originale rassegna, che prevede ancora altri appuntamenti come Alice in concerto che canta Battiato il 28 agosto, e poi a settembre tra vino e mito dell’ebbrezza, è tornare a far diventare centrale il cuore antico delle Città di Sibari, ovvero l’area archeologica che si trasforma, in tal senso, in parco d’arte e cultura attiva di una estesa conurbazione. Tutto questo dentro una grande, estesa, dilatata conurbazione esito di fusioni e non, in cui il più alto rischio è proprio quello di perdere la memoria di cosa eravamo e cosa potremmo tornare ad essere se sapremo tornare ancora a nutrirci di bellezza.

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