La fine dell’architetto?

LA FINE DELLA TRADIZIONALE FORMAZIONE IN ARCHITETTURA, sta per decretare la fine, imminente, dell’ARCHITETTO.

Nelle Facoltà sono ormai così vicini questi due tragici momenti, che a breve assisteremo, per la prima volta, ad un surplus di docenti che si ritroveranno quasi disoccupati. Meno 45% di iscritti è il dato, preoccupante, che cresce ogni anno di più, ma ciò che è drammatico, al contempo, è la marginalità della professione, sempre più relegata a ruoli secondari nella società italiana. Il confronto con il Portogallo, proprio in questi giorni, in cui il Presidente della Repubblica plaude alla nomina di Goncalo Byrne quale Presidente del Collegio degli Architetti, fa venire rabbia e frustrazione. I giornali italiani, con pochi veri giornalisti, ormai, si occupano in forma marginale di noi, salvo la costante noiosa, ripetuta intervista, così stucchevole e scontata, ai soliti tre o quattro nomi. Il Consiglio Nazionale degli architetti annaspa tra griglie burocratiche inutili appelli e congressi, cui partecipano solo gli architetti e non si trovano mai due righe sui quotidiani, si vede che non dicono nulla di realmente interessante. I Corsi di Architettura, che tranne per la fantasia di qualche Preside/Direttore hanno solo nomi innovativi, sono rimasti alle modalità formative di inizio secolo Novecento, ma hanno però perso il fascino di quella sintesi tra arte e tecnica, e la linea formativa è dettata dagli stucchevoli decreti ministeriali, dietro cui si nascondono solerti funzionari che dell’architettura, della società, del progetto non sanno NULLA!!!! La guerra vera che gli Ordini e il Consiglio Nazionale hanno scatenato contro i docenti universitari architetti, “perchè rubano il lavoro ai liberi professionisti”, oltre che essere una guerra sciocca e intestina, invece di rivolgere verso altri (ministero e politici) gli strali, è diventata una guerra che ha finito con il mortificare quel poco di sperimentazione che garantiva ai docenti, e quindi agli studenti, un sapere progettuale vero e non teorico. Gregotti, scomparso di recente, al quale non mi sono mai sentito legato come linguaggio e approccio, pur avendone sempre apprezzato lo slancio intellettuale, ha scritto un piccolo libro, in cui traccia in forma drammatica i tanti mali che ci affliggono. La foto, bellissima, di Pasquale Culotta, maestro compianto ancora oggi, mio e di una e più generazioni, che sollecita i suoi studenti, con la passione di chi come lui e pochi altri hanno contribuito al cambiamento della formazione in Architettura, è una testimonianza che il tempo delle nostre piccole rivoluzioni, sembra essere finito con gli anni Ottanta.
Vogliamo lasciarci sopraffare? Forse è il caso di rimboccarsi le maniche e riscrivere tutto, ma serve una rivolta vera, contro il sistema che non vuole cambiare e intende farci morire per lenta, inesorabile estinzione!

Antonio Angelillo Vero, Pino; Marcello Panzarella Io rifarei, tutta nuova e da capo, almeno una scuola di Architettura. Privatamente, fuori dagli schemi ministeriali, dalle pastoie, dai divieti. La destinerei ai laureati, triennali e magistrali, che – avendo compreso di non aver appreso granché nell’Università pubblica – volessero porre rimedio alla loro ignoranza e acquisire vera capacità critica e competenze progettuali salde; Lorenzo Netti Sottoscrivo integralmente; Sarapatrizia Tortoriello Bellissimo questo intervento. Basta Bauhaus, basta Domus, basta piccoli premi anglo-siculi. Basta caste ed ordini che sono retaggi del ventennio. Vi prego se potete si pensi al futuro, inteso non soltanto come artigianato. L’Italia assieme alla “sburocratizzazione” ha molte necessità. le imprese lavorano al ribasso ed è difficile raffrontarsi. L’architettura italiana è rimasta paurosamente indietro. In una vita non si riesce a portare a termine un lavoro pubblico. Non c’è più scambio simbiotico, ma parassitario tra pubblico e privato. Non ci sono investimenti e non siamo credibili. “E’ il caso di rimboccarsi le maniche e riscrivere tutto, ma serve una rivolta vera, contro il sistema che non vuole cambiare e intende farci morire per lenta, inesorabile estinzione!” Non esiste come una volta il maestro unico, la scuola di pensiero, perchè viaggiamo a livello europeo, dobbiamo confrontarci con il mondo e con l’ambiente senza dirci palle che oltre che inutili, sono noiose.

Giuseppe Dell’Aquila Rivoluzione!!! Ma devono farla loro! i millenials! A proposito dove sono i millenials?; Massimo Mariani Bravo; Emilio Salvatore Leo È la vittoria definitiva della cultura Crociana che ha devastato l’Italia oggi in preda a presunti pensatori che non distinguono un cerchio da un quadrato. Chiaramente la nostra è la colpa più grande di chi da architetto non ha saputo creare ponti con la realtà; Franco Porto Hai ragione Pino, in proiezione tant’è cose si dovrebbero mettere in discussione .. e invece in silenzio di cerca di far finta di nulla … nessuno ne scrive e nessuno fa niente …occorrono azioni drastiche di rottura… hai fatto bene a scriverne e lo condivido per una massima divulgazione…; Oriol Capdevila Arus Giuseppe Pino Scaglione noi abbiamo avuto l’pportunità dei nostri Grandi.
Non possiamo togliere questo a i nostri giovani, forma parte del nostro mestiere. La Rivoluzione dobbiamo farla insieme per il bene della Società!!!!; Marcello Panzarella Io rifarei, tutta nuova e da capo, almeno una scuola di Architettura. Privatamente, fuori dagli schemi ministeriali, dalle pastoie, dai divieti. La destinerei ai laureati, triennali e magistrali, che – avendo compreso di non aver appreso granché nell’Università pubblica – volessero porre rimedio alla loro ignoranza e acquisire vera capacità critica e competenze progettuali salde.

Vito Maria Mancuso Marcello hai letto cosa diceva Rudolf Schwarz su LC?; Marcello Panzarella Andrea Cristelli Le cose chiuse non si riaprono quasi mai. Bisogna chiudere il troppo già aperto, ma non chiudere tutto. Piuttosto meglio accendere la concorrenza con la qualità. E tener conto che i numeri continueranno a calare. Ridimensionare, riformulare, reinventare, non chiudere. Una scuola privata di qualità stimolerebbe quelle pubbliche a ripensarsi radicalmente.; Andrea Cristelli Marcello Panzarella io scrivo con il mio punto di vista e sulla scorta della mia esperienza. Mi spiace se ho toccato un tasto dolente, io non avevo nessuna voglia di puntare il dito…la mia é una riflessione già motivata e matura che paleso serenamente senza bisogno di offendere. Certo quella giustizia con la “g” minuscola, nonostante i grandi docenti, non regna nemmeno nelle varie commissioni accademiche…ma purtroppo questa è la nostra Italia…che purtroppo é guidata da gente sbagliata, politici arrivisti, supportata da tecnicismi e becera burocrazia e non guarda mai alla valorizzazione delle reali competenze ma purtroppo segue spesso le guide dei “grandi maestri”…spesso dall’animo oscuro…ma a pagare sono sempre gli umili e onesti che si trovano sempre a riscrivere la propria storia…tra mille sopraffazioni. Ma sono dell’idea che la ruota gira…e prima o poi… girerà!!!

Pino Leanza Indimenticabile prof. Culotta….; Angelo Minisci Carissimo Pino, concordo a pieno. Credo che ora più che mai ci deve essere una riflessione attenta….ritornare ad alimentare il sogno e la visione… Ritornare ad amare l Architettura… La grande forza del progetto…; Vito Maria Mancuso Pino mi hai trovato e taggato mentre sto scrivendo circa alcune cose da te scritte e mentre sto studiando la nuova stesura del DDL Sicilia dal pomposo titolo “Norme in materia urbanistica, edilizia e qualità architettonica” n. 587…/2020. a dopo, Vito. Gaetano Manganello Vito Maria Mancuso il ddl sicilia rappresenta un’occasione mancata. Persiste la situazione di complessità burocratica. Le sconfitte del passato non hanno insegnato nulla!; Vito Maria Mancuso Gaetano Manganello cmq hanno recepito e calato nella nuova stesura 15 emendamenti della consulta arch. Concorsi etc. stiamo lavorando ad altri emendamenti; Gaetano Manganello Io ho sempre avuto l’impressione che nei docenti universitari ci sia una sorta di autoreferenzialità, molti di noi che abbiamo costruito e lavorato per l’Architettura siamo sempre stati tagliati fuori da un sistema chiuso e interno a logiche baronali. Colgo al volo questa dichiarazione di Pino Scaglione per dire basta. L’Architettura è altrove non certo nelle aule di tanti corsi universitari. Giuseppe Pino Scaglione Gaetano Manganello non ho mai avuto dubbi che sia più fuori che dentro. E i risultati sono fin troppo evidenti. Ma non serve dividerci e puntare il dito, serve CAMBIARE; Gaetano Manganello Giuseppe Pino Scaglione condivido. Cambiare si, la questione principale riguarda i nostri governanti e amministratori. Ci vorrebbe una grande riforma del sistema di insegnamento universitario unita a una grande riforma del sistema di appalto delle opere pubbliche. Ambedue riforme con un obiettivo comune, privilegiare l’Architettura.
Privilegiare il Progetto come condizione essenziale per valorizzare i nostri territori. Lo scriviamo e lo pensiamo in molti. Come attuare questo pensiero? Un importante inizio potrebbe essere un movimento dal basso, a partire dagli studenti di architettura, da tutti coloro, professori, progettisti, che individuano nell’architettura, quella vera che si costruisce, diffusa nel Paese, la necessaria esigenza di una nazione con le tradizioni culturali dell’Italia. Giuseppe Pino Scaglione Gaetano Manganello Ci stiamo lavorando, a breve novità; Gaetano Manganello Giuseppe Pino Scaglione a disposizione per contribuire; Pasqualino Solomita Bravo Giuseppe Pino!; Emmanuele Jonathan Pilia Finché gli architetti si occuperanno in modo imbarazzante di tutto ciò che non è architettura, non vedo come sia possibile pensare di essere presi sul serio; Dario Sironi https://www.huffingtonpost.it/…/boeri-e-fuksas-si-piano…; Dario Sironi Giuseppe Pino Scaglione – e quindi ? Cosa si può fare oltre ad evidenziare “l’evidente” situazione.; Giuseppe Pino Scaglione Dario Sironi Lavorare sodo per cambiare, cercando pochi interlocutori, ma validi. Esistono, ma occorre spogliarsi dei proprio, convinti, ruoli e con umiltà convincerli della necessità del cambiamento!; Vito Cappiello Marcello e Pino, condivido;

Paola Rossi Non mi sembra che il presidente del CNA sia anche lontanamente paragonabile a Goncalo Byrne, da ciò discende tutto ciò che, giustamente, è denunciato in questo post : lento, inesorabile decadimento dell’immagine dell’architetto in Italia… I motivi? Tanti : evidenti e meno, in una nazione che ha dato vita e spazio a grandi architetti e grandi architetture. Ma fino ad un certo punto della storia! E quando finalmente (lo dico con un certo cinismo ma anche con sano rapporto con la realtà) il numero degli aspiranti nuovi architetti sta diventando più proporzionato alle effettive possibilità – attuali- di lavoro possiamo cominciare a ragionare senza guerre fratricide. Tra le quali, però, non annovererei quella sui docenti universitari. Il docente universitario architetto PUÒ esercitare la libera professione e progettare e quindi (si spera) sperimentare: aderendo al tempo parziale con conseguente decurtazione dello stipendio ma anche del tempo dedicato alla docenza. Questa la legge, che molti, notissimi e meno noti, aggirano; Giuseppe Pino Scaglione Cara Paola, concordo con te su tutto, tranne sullutlima parte che però non è proprio il caso di affrontare qui data la complessità. Tuttavia devo notare che c’è molta poca conoscenza di questa perversa dinamica imposta dalla legge Gelmini: un esempio su tutti, vale quello del libero mercato e del fatto che se io lavoro di più pago più tasse, cosa ci sarebbe di anomalo? Non è il mio caso, ma mi sembra, insisto, anche questa una “guerra” del tutto sbagliata. Ne parleremo nella serie di seminari che saranno avviati, come necessari nei prossimi mesi a cura di RiAgIta Academy e Lab; Vito Cappiello Giuseppe Pino Scaglione caro Pino hai ragione. Ne ho scritto e riscritto. Per il docente di architettura esercitare la professione dovrebbe essere non un diritto, ma un dovere. Naturalmente una professione di alto livello culturale, dove ricerca e professionalità si identifichino . La scelta fra tempo pieno e tempo parziale è moralistica e fasulla. Ci sono docenti a tempo pieno che insegnano male e poco e docenti a tempo parziale che insegnano molto e bene. La discriminante dovrebbe essere la qualità e quantità di ciò che si insegna, e, soprattutto, nel nostro mestiere, è l’esperienza del fare oltre alle basi metodologiche che conta. Bisognerebbe controllare cosa e come si insegna, non solo il numero di ore, e se si fa attività professionale ( di livello). Ma anche gli ordini professionali, terrorizzati da una concorrenza sulla qualità, sono contro una liberalizzazione, nascondendo questa posizione dietro il termine “concorrenza sleale”. Ma quale concorrenza sleale, date le regole per partecipare a gare ed appalti, se in esse nulla può contare il titolo di Professore? E quale concorrenza sleale può fare la percentuale minima ( forse vicina allo 0,1%) dei professori architetti rispetto alla massa di chi fa solo l’architetto? La scelta fra tempo pieno e tempo parziale (con decurtazione notevolissima dello stipendio) va bene solo per chi fa prevalentemente attività professionale e, come opzionale, attività didattica, ed ha, cioè una forte continuità professionale. Ma per chi fa come attività principale il docente e come attività accessoria non continuativa l’attività professionale, ciò si traduce solo in una perdita netta. Quindi: sí a nuova regolamentazione, ma non basata sulla sulla scelta del tempo parziale; sí all’attività professionale per chi insegni progettazione ad i vari livelli, in modo che ciò che si insegna sia anche comparabile con ciò che si fa

Giuseppe Pino Scaglione Vito Cappiello caro Vito lucidissima riflessione. Questo è un contributo da emendamenti alla legge attuale! Abbracci; Fabrizio Leoni Vito Cappiello Già! peraltro la legge non considera che ci siano persone capaci di alti livelli di organizzazione e produttivà, che riescono a svolgere egregiamente i compiti didattici e la ricerca e, allo stesso, tempo, condurre uno studio professionale, progettare e costruire secondo le occasioni. D’altra parte ci son già dei sistemi di valutazione interna; la VQR, i titoli da caricare su IRIS, le dichiarazioni di impegno didattico, le valutazioni degli studenti, le autodichiarazioni per gli scatti stipendiali, le ASN etc. Se uno fosse capace di insegnare e di fare ricerca teorica, essendo sufficientemente produttivo secondo uno standard da individuare e adottare, perchè mai non dovrebbe dedicarsi anche alla ricerca applicata (ricerca applicata = progetto)?; Giuseppe Pino Scaglione Fabrizio Leoni perché siamo un paese pieno di stupide lotte di cui la politica approfitta x lucrare; Fabrizio Leoni Giuseppe Pino Scaglione Pino, su questo tema mi permetto di essere più cattivo ed acido di te. Perdonami se lo faccio approfittando dell’ospitalità sulla tua bacheca. Una certa Italia, di cui gli architetti e i docenti universitari di architettura fanno in larga misura parte, a partire dai primi anni 70, ha coltivato un’avversione ideologica allo spirito d’impresa (di cui l’esercizio della professione fa parte) perseguendo una progressiva divaricazione tra il modello del professore colto e disinteressato che si dedica in esclusiva all’accademia e il modello del professore venale, che si dedica “anche” alla professione. In questo solco e a titolo di esempio grafico, vanno le celebri dichiarazioni di Astengo e il suo gruppo, durante la presentazione del Corso di Laurea in Urbanistica, che sostenevano che l’urbanistica non si deve e non si può fare da uno studio professionale ma si deve svolgere da “impiegato di un’amministrazione pubblica”. Il nostro Paese ha imboccato allora una direzione totalmente diversa da quella del resto dell’Europa, dove la professione di progettista alle varie scale è considerata cruciale nell’economia e nella produzione culturale. In nessun paese europeo un accademico che si dedica anche alla professione è costretto da un pensiero dominante a celare ciò che fa fuori dalle mura dell’Università o a soffrire i commenti sarcastici o il disprezzo di chi, tra i suoi stessi colleghi, considera il Mercato come un’antitesi dello stile di vita del buon accademico. Questo ha prodotto una legge, la Gelmini per l’appunto, che ti obbliga, se vuoi fare anche il professionista, a rinunciare a influire nella gestione stessa dell’Accademia. Art 6, comma 12: “…. La condizione di professore a tempo definito e’ incompatibile con l’esercizio di cariche accademiche”. Una legge, figlia di una mentalità statalista e verticistica, di chiaro sapore ricattatorio: se vuoi fare ricerca applicata come Architetto, sappi che qui in Università non conterai niente, dunque pensaci bene…; Giuseppe Pino Scaglione Fabrizio Leoni caro Fabrizio, mi vengono i brividi a pensare alle cose che hai scritto,le riprenderò a breve in un secondo post dedicato anche alla nostra Accademia. Ti ringrazio e condivido, col disappunto di rileggere verità che mettono disagio, quanto hai scritto; Manfredi Leone Ben scritto, una riflessione e’ necessaria; Casa Sc ringraziamo Bersani e i suoi sodali, con la sua legge per l’abolizione dei minimi tariffari, che ha reso la nostra professione un mestiere senza valore; Giuseppe Pino Scaglione Casa Sc purtroppo non dipende solo da queste scelte poco ponderate, ma da diversi altri fattori!; Casa Sc Giuseppe Pino Scaglione di sicuro. Ma Bersani ci ha sfondato, lui e i suoi amici Veltroni, D’Alema e Rutelli che non a caso erano tutti non laureati; Casa Sc E lo dico da uomo di sinistra; Paola Rossi Casa Sc l’invidia sociale che si fonde con un ipocrita perbenismo. Con un’attenzione speciale per il mercato senza qualità; Pino Pasquali Per la gran parte della società non siamo più un valore aggiunto, e purtroppo spesso hanno ragione ! E questo dipende molto dalla formazione… dentro le aule universitarie passano pochissimi ARCHITETTI… ma solo dei bravi ricercatori che guardano le opere degli altri. Vedere Mendrisio, ETH , A.A.. Ci hanno ucciso le leggi stupide; Ado Franchini Tutto vero e inesorabilmente attuale. Solo un forte intervento legislativo, una legge per l’architettura come in Francia 20 anni fa, potrà tentare di cambiare questo destino. Ma gli architetti non hanno capacità di lotta collettiva sul territorio ne’ di rappresentanza politica in parlamento. Quindi non vedo come questo potrà mai avvenire. Manca solo un piccolo dettaglio: la casta universitaria accademica è sempre più chiusa in se stessa e lontana dal lavoro dell’architettura. Spero si afflosci su se stessa e sulla sua ipocrita arroganza senza futuro; Fabio Mazzeo Ado Franchini, Concordo su tutto e cose simili a quelle scritte in modo molto chiaro da Pino Scaglione le ho scritte anche io. mi associo quindi a quanto scrivi. Da soli non ce la faremo mai.
Due strade:  votare rappresentanti fattivi e non burocrati al CNA;
Insorgere e scendere in piazza per farci contare. Non siamo pochi.

Paolo Danelli Condivido pienamente, per farci riconoscere dalla società dobbiamo cambiare noi; Aidia Trieste Si condivide senza esitazioni. È possibile sapere l’anno in cui e stata scattata la foto che ritrae Culotta?; Giuseppe Pino Scaglione Aidia Trieste non so con esattezza, ma si tratta di uno scatto dell’inizio degli anni novanta!; Paola Rossi La legge sull’architettura in Francia è nata nel 1977!!! Non siamo in ritardo ma su un altro pianeta; Giuseppe Pino Scaglione Filippo Ciccone nutro seri dubbi, per ragioni non personali, ma perché hanno monopolizzato ogni forma di attenzione verso l’architettura che non sia la loro!

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