L’artificiale riflette se stesso

La mostra/installazione U.MANO, antica misura e nuova civiltà è un esperimento di Sci-Art dove si offre un’esperienza progettata sui risultati di un processo creativo condiviso scaturito dalle riflessioni sulla mano, posta al centro dell’origine dell’algoritmo, nel nostro presente trans-umano. L’indagine sulle origini del reale aumentato e l’assunzione dei nuovi orizzonti cognitivi offerti dalla computer science ci ha guidato nella scelta di operare all’interno del processo di digitalizzazione/smaterializzazione del Reale, che dal punto di vista antropologico si traduce in un nuovo rapporto fra il soggetto inteso come identità e il suo ambiente entrambi traslati nei territori del Big Data e delle IA che lo osservano, lo apprendono e lo analizzano. Intervenire all’interno di questo rapporto con la manipolazione estetica del dato per ri-materializzare l’informazione attraverso le potenzialità trans-umane dell’offerta tecnologica contemporanea e al tempo, prendere atto dell’impossibilità del soggetto di attuare tale programma in autonomia, senza l’aiuto di algoritmi assistivi per osservare, elaborare e progettare il reale è divenuta la poetica offerta al visitatore.

L’installazione U.Mano ha preso forma con le opere materiali ed immateriali progettate e realizzate per la “messa in scena” dalle ipotesi di questa riflessione legittimata dalla presenza e dal confronto con opere antiche provenienti  dal XVI e  XVII secolo, prese a modello del passaggio epistemico compiuto da Galileo con l’affermazione del metodo sperimentale, carico di fervide analogie con il tempo presente.

Traduzione immateriale dell’architettura del sapere

L’esperienza del tempio

L’allestimento della mostra U-mano è stata immaginato come una architettura parlante ove la definizione dello spazio è determinata dal posizionamento delle opere esposte che sostituiscono la struttura architettonica: esse diventano sia i muri, sia i pilastri della nostra architettura ma anche il supporto sul quale sovrascrivere il contenuto; allestimento immaginato come un’immateriale architettura del sapere che come un libro intende registrare storia e futuro. Tale idea si (s)materializza in ogni direzione, sia nell’organizzazione della pianta posizionando le opere in modo da disegnarne i confini, sia in senso ortogonale divenendone i pilastri della conoscenza. Il disegno simmetrico delle piante e la razionalità delle sezioni diventano bastanti nella comprensione del progetto, piante e sezione generano l’organizzazione dello spazio, pianta e sezioni sono il progetto dell’allestimento. Pianta: come accadeva negli antichi templi lo spazio orizzontale è composto da una cella da noi considerata la casa dell’U-mano che contiene al suo interno le opere rappresentanti il tema a cui il tempio è dedicato. Il pronao nell’allestimento assume una variazione minima rispetto alla configurazione originale ma determinante ed innovativa perché modifica l’ingresso alla cella proponendolo laterale ed investendo così il visitatore di un punto di vista trasversale che gli permette di vedere il tutto in una dimensione temporale sincronica. Le proporzioni dell’allestimento sono suggerite da un invisibile disegno di ellisse, nei cui fuochi, trovano luogo, da una parte la ricostruzione della “Battaglia di Anghiari” di Leonardo da Vinci, dall’altra l’istallazione mano-cervello, realizzata e esposta all’ultima edizione di arte fiera dalla Fondazione Golinelli. L’ellisse è descritta non dalla forma dello spazio in sé, ma dal vuoto che le opere d’arte generano attorno ad esso come accade nei dipinti appesi che delimitano i lati lunghi del padiglione. “La definizione dello spazio comunica, di per sé sola, la sacralità del sapere umano e la metafisicità della sua capacità di immaginazione, sì da renderlo vicino a Dio.”[1]. Infatti le due grandi istallazioni che si collocano al centro dell’ellissi si configurano in due atteggiamenti diversi ma tra loro comunicanti: da un lato le mani sono chiuse, congiunte tra loro in preghiera, a custodia della spiritualità; dall’altro sono aperte, comunicando la loro proiezione a scoprire e creare. Sezione: ancora una volta perfette simmetrie determinano l’esatto posizionamento delle opere nel tempio, anzi nella sua dimensione verticale sono le opere stesse ad essere metafora delle colonne che come nei templi più prestigiosi disegnavano il perimetro connotandone la tipologia. In particolare tali colonne si edificano per mezzo di una zenitale sovrapposizione tra dipinti appesi – rappresentandone il tempo ciclico – e le opere odierne – rappresentandone l’eterno presente – che invece poggiano sul terreno. La tensione tra le due distinte opere avviene tramite una leggera distanza che vuole si avvicinarle, ma mai unirle; “Si, la vita della nostra anima ci dà il punto di appoggio per conoscere questo confine che mette in contatto, i due mondi, infatti anche in noi la vita nel visibile si alterna alla vita nell’invisibile, sicché c’è un tempo, sia pure breve, sia pure concentrato al massimo, talvolta fino all’atomo di tempo – quando i due mondi si toccano e ci diventa contemplabile perfino questo congiungimento.”[2]. Il vuoto che si genera tra le opere non è concepito come una mancanza ma come un ulteriore luogo in cui dare spazio all’esperienza fatta; il vuoto è una nuova pagina bianca del libro che può manifestare simbolo, destino o nuova conoscenza.

Conclusioni: certamente la riflessione dei tutti colori della materia specchiante definisce un rapporto più profondo con la tridimensionalità del tempio, ne aumenta il senso di adesione delle persone che ne vedono la composizione delle opere riflessa e dunque amplificata. L’insieme di luce, materia e bellezza organizzate per piante e sezione simmetriche trovano il giusto equilibrio nell’esperienza dell’utente che libero di muoversi nello spazio si crea la sua dilatazione o contrazione del lasso tempo esposto.


U.MANO, antica misura nuova civiltà

La mostra a cura di: Andrea Zanotti con Silvia Evangelisti, Carlo Fiorini, Stefano Zuffi. Ideazione concept artistico dell’esposizione e installazioni originali: Carlo Fiorini. luogo: Bologna. committente: Fondazione Golinelli. organizzazione e produzione: a cura di Fondazione Golinelli, con il supporto di CMS.Cultura. Exhibit design: diverserighestudio con Carlo Fiorini.  Diverserighestudio, Simone Gheduzzi, Nicola Rimondi, Gabriele Sorichetti. design team: Francesco De Leo, Francesco Presutti, Annalisa Cillari. strutture: Lanfranco Laghi, illuminazione: Claudio Cervelli, dati dimensionali: superficie: 600mq. cronologia: progetto: 2019, realizzazione: 2019,. ufficio Stampa: Delos – Servizi per la cultura. realizzazione allestimento: Arredart; foto: Giovanni Bortolani courtesy Fondazione Golinelli. NOTE: 1]Andrea Zanotti sulla concezione della mostra “L’ultima mano”,   [2]Florenskij P.A., Le porte regali, Milano, Adelphi Edizioni, 1977

              

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