Volevo avere storia!

Lina Bo Bardi, affacciata nella “Casa de Vidro”;

Una delle frasi che riecheggiano quando si parla di Lina Bo Bardi è la sua dichiarazione “Quello che volevo era avere storia!” e l’ha avuta e continua ad averla la storia questa straordinaria architetto che lascia l’italia, con una emigrazione intellettuale iniziata in anni in cui non si parlava di fuga di cervelli. Così possiamo dire che Lina sia stata uno dei primi cervelli di talento italiano che ha lasciato l’Italia per andare ad “avere storia” in Brasile. Oggi, ma già da tempo, Lina (un nome molto familiare che da Achillina è diventato più secco e gradevole!) è protagonista di una ripresa di interesse notevole, con mostre in giro per il mondo, un Istituto in Brasile che tutela e valorizza l’archivio e ogni altra attività, fino alle riedizioni di Arper della sua bellissima Bowl Chair, quasi una dichiarazione di stile che in una seduta geniale, quanto semplice, racchiude un messaggio complesso che va dell’edificio alla poltrona! A Lina Bo Bardi la Biennale di Venezia ha conferito il Leone d’Oro alla memoria. Proprio la data simbolica dell’ 8 marzo 2021 – all’ architetta, designer, scenografa, artista e critica italiana naturalizzata brasiliana. Il Leone d’oro speciale alla memoria della 17.ma Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Veneziache aprirà al pubblico sabato 22 maggio 2021 (preview 20 e 21 maggio) è stato proposto da Hashim Sarkis, curatore della Biennale Architettura 2021.

Un dettaglio del Centro Sesc-Pompeia;

«Se esiste un architetto che meglio di ogni altro rappresenta il tema della Biennale Architettura 2021 questa è Lina Bo Bardi. La sua carriera di progettista, editor, curatrice e attivista ci ricorda il ruolo dell’architetto come coordinatore (convener) nonché, aspetto importante, come creatore di visioni collettive. Lina Bo Bardi incarna inoltre la tenacia dell’architetto in tempi difficili, siano essi caratterizzati da guerre, conflitti politici o immigrazione, e la sua capacità di conservare creatività, generosità e ottimismo in ogni circostanza. Tra le sue opere spiccano edifici imponenti che con il loro design coniugano architettura, natura, vita e comunità. Nelle sue mani l’architettura diviene effettivamente una forma di arte sociale capace di favorire l’incontro.

Schizzi originali della poltrona Bowl Chair;

L’esempio più alto di questa attitudine è il progetto del Museo di San Paolo, emblematico per la sua capacità di creare uno spazio pubblico per l’intera città, di realizzare spazi interni flessibili e di essere adatto a ospitare esposizioni sperimentali e inclusive, come quelle della stessa Bo Bardi. I titoli delle mostre che vi si sono svolte (“The House as Soul”, “The Dignity of Architecture”, “The Hand of the Brazilian People”) valgono da soli a illustrare molto efficacemente la capacità dell’architettura di unire le persone.

Schizzi originali della poltrona Bowl Chair con le diverse possibili combinazioni cromatiche;

Il Leone d’oro speciale alla memoria a Lina Bo Bardi rappresenta il riconoscimento, dovuto ormai da tempo, di una prestigiosa carriera sviluppatasi tra Italia e Brasile e di un contributo volto a riconsiderare il ruolo dell’architetto come facilitatore della socialità. Rappresenta infine il tributo auna donna che rappresenta semplicemente l’architetto nella sua migliore accezione.»

La poltrona Bowl Chair nella versione originale riedita da Arper;

L‘Instituto Bardi di San Paolo del Brasile, profondamente onorato e grato, dopo aver appreso la notizia del premio ha dichiarato: «Ringraziamo La Biennale di Venezia per la sua visione nel riconoscere oggi una donna generosa e poliedrica che ha raggiunto in vita così tante persone e continuerà a essere di ispirazione per molte generazioni a venire… Nella sua vita e attraverso la sua opera straordinaria Lina Bo Bardi ha affrontato costantemente la domanda centrale della Mostra Internazionale di Architettura di quest’anno: How will we live together? Purtroppo, come è stato per gli spazi pubblici in tutto il mondo, la pandemia globale ha minato la fruizione dei luoghi iconici da lei progettati in Brasile che da decenni servono comunità e cittadini. In tal senso, la ricezione di questo premio ribadisce la responsabilità dell’Instituto Bardi di trasmettere al pubblico l’importanza dei materiali d’archivio e del lavoro svolto dalla coppia Bardi per tutta la vita, animando così un discorso significativo sul ruolo sociale dello spazio edificato.»

Uno dei tanti rivestimenti della poltrona Bowl Chair nella versione originale riedita da Arper;

L’azienda Arper ha condotto un progetto di riedizione della Bowl Chair, disegnata da Lina Bo Bardi, e Claudio Feltrin, CEO Arper così descrive il lavoro svolto: “La ricerca dell’essenziale e dell’autentico, la ricchezza di uno stile sobrio e personale, ma anche la capacità di innovare ritornando alla natura e mettendo l’uomo al centro di ogni progetto. É questo che più ci ha avvicinato a Lina quando l’abbiamo incontrata, attraverso i suoi pensieri e le sue opere. Un viaggio in Brasile ci ha permesso di approfondire la sua conoscenza, portandoci all’Instituto Lina Bo e P.M. Bardi, oggi custode e promotore del suo prezioso lavoro. L’incontro con Lina è maturato con il sostegno di Arper al progetto “Lina Bo Bardi: Together”. Ma non ci siamo fermati a una semplice operazione di sponsorship. Ci affascinava l’idea di sviluppare un suo progetto mai industrializzato prima: la sedia Bardi’s Bowl. Industrializzare oggi la Bardi’s Bowl è stata una sfida che ha entusiasmato tutti in Arper. Abbiamo messo in gioco tutta la nostra sensibilità per interpretare il progetto originale e tutte le nostre competenze tecniche per svilupparlo. Il nostro partner in questo processo è stato l’Instituto, che ha svolto il ruolo attivo di portavoce del pensiero di Lina e con il quale abbiamo dialogato come facciamo con tutti i nostri designer. Oggi la Bardi’s Bowl viene prodotta in una serie limitata e numerata, che resterà fuori catalogo. Con questo progetto cresce l’interesse e l’impegno di Arper in esperienze vicine al suo modo di essere: aperto, curioso e sensibile alla cultura del progetto.” Le foto delle sedute di Arper sono di Marco Covi.

Achillina Bo, detta Lina, nasce a Roma nel 1914. Laureata in architettura nel 1939, si trasferisce a Milano dove incontra Gio Ponti. Nel 1944 è co-direttore di Domus con Carlo Pagani e con il sostegno di Bruno Zevi creò il settimanale A – Attualità, Architettura, Abitazione, Arte.  Nel 1947 Lina si trasferisce in Brasile con il marito Pietro Maria Bardi. Tra il 1957 e il 1969 realizza il Museu de Arte deSão Paulo (MASP): un grande parallelepipedo di calcestruzzo e vetro che diventerà uno degli edifici più iconici dell’architettura paulista brasiliana. Tra i progetti più noti vi è la sua abitazione di São Paulo, laCasa de Vidro, una scatola di vetro modernista costruita su una collina immersa nella foresta tropicale. Tra il 1977 e il 1986 realizza il SESC – Fábrica da Pompéia, gigantesco centro sociale, ricreativo, culturale e sportivo. Tra il 1980 e 1994 lavora al Teatro Oficina sovvertendo le gerarchie spaziali del teatro borghese. Quella di Lina Bo Bardi è stata l’architettura dell’impegno civile, un’architettura intesa come servizio collettivo, libera dai dettami di una scuola di pensiero; un’architettura moderna e antica allo stesso tempo, popolare, vernacolare e colta, artigianale e non industriale, rispettosa delle tradizioni ma anche innovativa. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1992, il ricordo e il riconoscimento della sua attività è affidato alle cure dell’Instituto Bardi.

Il riconoscimento a Lina Bo Bardi sarà celebrato sabato 22 maggio 2021 nel corso della cerimonia di inaugurazione della Biennale Architettura 2021.

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