Il Laboratorio del Futuro riparte da un giardino

“La vita è l’arte dell’incontro, anche se tanti scontri ci sono nella vita” Vinícius de Moraes, Samba da Bênção (1964)

testo di Valentina Piscitelli

Sono 89 i “practitioners” coinvolti nella poderosa macchina creativa della XVIII Biennale di Venezia chiamati da Lesley Lokko a riflettere sul “Laboratorio del Futuro”. La curatrice sfida coloro che definisce “agenti del cambiamento” a rappresentare i ruoli ed i campi in cui ciascuno di essi lavora, insegna e fa pratica. Il Padiglione Nazionale della Santa Sede, sebbene non sia tra questi, organizza la sua proposta curatoriale fornendo una risposta al tema che è allo stesso tempo sorprendente e raffinata.  Il nuovo Dicastero per la Cultura e l’Educazione dedica il Padiglione della Santa Sede al tema: “Amicizia Sociale: Incontrarsi Nel Giardino”. Per raggiungere gli spazi espositivi – visitabili fino al 26 novembre presso l’Abbazia di San Giorgio Maggiore – il visitatore è invitato a porsi fisicamente e metaforicamente “fuori dal coro” entrando nelle atmosfere rigorose e serene del monastero benedettino. Dall’ingresso sarà condotto al giardino, vero e proprio fulcro del progetto, passando attraverso una galleria. Potrà essere messo a parte della filosofia del team curatoriale e del concept attraverso contributi scientifici in catalogo, tavole di progetto, schizzi, disegni a mano, abachi di piante, fiori e aromatiche e un video racconto di Mattia Borgioli, che mostra il processo che ha portato alla realizzazione di tutte le installazioni, dal concepimento dei primi prototipi sino al loro arrivo sull’Isola, ben documentato lungo il suo iter dalle fotografie di Marco Cremascoli.

La narrazione prende il via dalla presa d’atto di un percorso in cui è dato di apprezzare l’evoluzione nel tempo. Cremascoli ha documentato infondo la speranza della rinascita del luogo, come spazio delle relazioni e dello “stare”. Il resto è affidato all’intuizione della necessità di un coinvolgimento dell’uomo faber nel luogo, l’Associazione orticola di Venezia, che, insieme a Michela Valerio, Agostino  Vallonzer e Riccardo  Bermani  dell’Associazione  culturale  About, si sono impegnati nella gestione del dopo Mostra. Il Padiglione si fa scoprire man mano. Superato il corridoio di accesso il visitatore raggiungerà il giardino passando attraverso una serie di sale bianche ad esso prospicienti. Per volere del Commissario, il Cardinal José Tolentino de Mendonça e del curatore, l’arch. Roberto Cremascoli, sono stati coinvolti oltre all’associazione About, l’architetto portoghese Álvaro Siza (Premio Pritzker nel 1992) e il collettivo italiano degli architetti dello Studio Albori (Emanuele Almagioni, Giacomo Borella, Francesca Riva), che ha esperienza sui percorsi partecipativi e sulla sostenibilità. “Ci si interroga oggi sulla parola: sensatezza – l’arch. Giacomo Borella – e sul sapersi situare nei luoghi”.

Alvaro Siza al lavoro, credits_Marco Cremascoli.

Negli ambienti espositivi bianchi ed essenziali, sculture lignee ieratiche, realizzate su progetto di Álvaro Siza sono state disposte a mo’ di grappoli sparsi. L’installazione “O encontro” (L’incontro) ci mostra braccia aperte, figure in ginocchio o che ci salutano. Dialogano con lo spazio del monastero, tra di loro e con i visitatori. Con la loro gestualità ci conducono fino all’incontro nel giardino, il luogo della contemplazione. All’età di novant’anni Siza scommette su un’architettura che si disloca: viva, figurale. “E’ un manifesto politico e poetico dell’incontro” secondo José Tolentino de Mendonça. Le sue figure alludono all’umano, ma non sembrano umane, sono grandi guardiani silenziosi, alla cui vista non ci si può sottrarre se si vuole raggiungere il giardino. Focus dell’intervento è proprio l’allestimento dello spazio del giardino del monastero, dove l’associazione About ha proposto di fare ordine, integrando le essenze esistenti con le nuove piantumazioni dell’orto, composto da varie sezioni di ortaggi (per consumo conventuale o esterno), erbe aromatiche e officinali, erbe spontanee e fiori eduli (per gli spazi contemplativi). 

La planimetria del giardino, a cura di CORarquitectos.

La disposizione delle colture si identifica con un elemento della natura – sole, terra, aria, acqua – associando la parte commestibile delle piante al proprio elemento: i frutti che hanno bisogno di sole (pomodori), le radici e tuberi che crescono sottoterra, i fiori profumati che si muovono nell’aria, le foglie sono ricche d’acqua. Laddove è stato possibile, esiste una suddivisione dell’orto in aree geografiche per raccontare l’origine delle essenze: nella sezione frutti-sole sono presenti principalmente piante che vengono dalle Americhe e nella sezione radici-terra invece sono predominanti piante del bacino Mediterraneo (Europa meridionale,  Medio Oriente, Vicino Oriente). Il giardino è reso fruibile per uomini e animali dal lavoro di Studio Albori, che attraverso il riuso del materiale tratto dalla rimozione di un’abitazione a Cortina d’Ampezzo, ha realizzato alcuni manufatti ed un pollaio oltre ad elementi che rendono possibile la sosta nell’orto, il riparo, l’incontro o semplicemente la contemplazione: Un chiosco con pergola (limonaia), un parasole con sedute, il deposito dei semi con pergola e riparo, una serra. Gli architetti sembrano invitare i visitatori a “prendersi cura del pianeta come ci prendiamo cura di noi stessi e a celebrare la cultura dell’incontro”.

Se si vuole realizzare una relazione fruttifera con la terra, l’uomo deve operare una sedimentazione costante, l’orto è infatti la negazione dell’improvvisazione: se non si cura tutti giorni, muore! Questo vale in parte anche per le relazioni sociali. La proposta dello studio Albori pone dentro l’architettura tutti i viventi, rendendo tutti corresponsabili del pianeta, casa comune. Il curatore disegna con gli architetti anche lo spazio della riflessione, interrogandosi con loro su quale forma possa rappresentare le due encicliche sulla natura “Laudato sì” (2015) e “Fratelli tutti” (2020). “Qui si realizza la costruzione di un processo reale, la dimensione evocativa di un progetto che non è necessariamente pensato per definire uno spazio finito, bensì un modus operandi…ci siamo occupati di fare ordine mediante il disegno e la pratica di gesti semplici, presi dall’uso quotidiano e dal modello di vita monastico” ha affermato l’arch. Roberto Cremacoli. Il riuso adattivo, la bonifica del territorio e la pratica comunitaria sono infatti alla base del progetto: “Se la Biennale è il luogo del confronto e dello scambio, non si capisce perché nei Padiglioni dei vari Paesi non è quasi mai prevista la sosta dei visitatori, oppure garantito lo spazio per la riflessione e il dialogo, sedute ombreggiate.” – afferma ancora l’arch. Borella – “Abbiamo ideato un luogo per pensare e suddiviso il giardino in quattro ambiti, i gatti qui sono a loro agio. Per la parte di giardino dedicata all’orto è stata invitata a dare un contributo operativo l’associazione orticola di Venezia coinvolta nello sviluppo del progetto che prevede non solo la cura del verde, ma che i frutti del lavoro siano donati ai monaci, agli abitanti e ai visitatori. C’è anche un osservatorio per godere della vista dall’alto dove si può apprezzare il disegno del giardino e vederlo mutare. Si è lavorato con materiali di riciclo in parte trovati in loco in parte ricollocati da precedenti cantieri”. La scelta di utilizzare quasi esclusivamente materiali di scarto è ispirata alla radicale critica di Bergoglio della società dei consumi, raccogliendo l’invito di José Tolentino de Mendonça a “mettersi in ascolto, ripensare: fare poco, ciò che (forse) serve”.Il lavoro degli architetti ha pertanto assunto una forma archivistica ed esperienziale attraverso il coinvolgimento attivo al progetto delle persone che collaborano abitualmente con il monastero, la Benedicti Claustra Onlus dei monaci benedettini della comunità di Praglia.

Alvaro Siza, modello dell’installazione; credits_Marco Cremascoli.

La nuova forma del giardino ha comportato il ricollocamento del pollaio, che ha previsto un lavoro paziente di scambio con chi si prende cura delle galline, definito da Borella: “non semplice e il cui risultato non era scontato, le galline sembrano star bene, se piove hanno come riparo una tettoia e, rispetto al passato, dormono sospese da terra, raggiungendo attraverso una piccola rampa il luogo di ricovero, rispetto al passato fanno anche una piccola ginnastica quotidiana”. Questo dialogo risponde all’affermazione della Lokko, che ricorda come: “In architettura la voce dominante sia stata storicamente una voce singolare ed esclusiva. La “storia” dell’architettura secondo Lokko è quindi incompleta, dunque il “Laboratorio del Futuro” ripensa in chiave di benessere i luoghi dove vivono gli animali, oltre che gli uomini, ripartendo dai luoghi dello stare, dialogando con le persone che li vivranno, abbandonando l’io per il “noi”, come insegna Ignazio di Loyola. Se la Mostra è un contesto in cui la presenza dell’architettura è più legata alle parole che ai fatti: “Si è preferito proporre alcune  azioni  modeste – afferma Mirko Zardini –  avviare dei processi, presentare dei fatti concreti  come  coltivare  un  orto,  riutilizzare  dei  materiali,  creare  un  luogo  per  delle  conversazioni.  Non un proliferare di parole o attività, ma un luogo di pausa e di quiete, di silenzio,  dove  riflettere  su  come, e da dove, ricominciare. Nel ripensare il giardino i progettisti hanno conservato la quadripartitura delle aiuole, ma non nella forma simmetrica classica. Il Padiglione è dunque “agente di cambiamento” su più livelli, rispondendo con acume alla domanda della Lokko che nei mesi di gestazione della Mostra è emersa più volte, ovvero se esposizioni come la Biennale, sia in termini di emissioni di carbonio sia di costi, possano essere giustificate. La Santa Sede replica riaprendo un dialogo con la cittadinanza e proponendo un allestimento ad emissioni quasi zero. In questo senso, oltre a non impattare, può vivere oltre il tempo dedicato alla mostra, grazie alla presenza degli ortisti.

Il giardino in costruzione, credits_Marco Cremascoli.

La Biennale, dunque, come attivatrice di “storie”, di narrazioni che si evolvono nello spazio, abitano l’identità per poi assumere visioni diverse “allo stesso tempo la Mostra è un momento e un processo. Prende in prestito struttura e formato da quelle d’arte, ma se ne distingue per aspetti critici che spesso passano inosservati. Non è una storia unica, ma un insieme di racconti in grado di riflettere l’affascinante, splendido caleidoscopio di idee, contesti, aspirazioni e significati che ogni voce esprime in risposta ai problemi del proprio tempo. Le mostre sono importanti perché costituiscono un’occasione unica in cui arricchire, cambiare o rinarrare una storia, il cui uditorio e il cui impatto sono percepiti ben oltre le pareti e gli spazi fisici che la contengono”. “The Laboratory of the Future” non è un progetto educativo, non vuole dare indicazioni, né offrire soluzioni, né impartire lezioni. È invece inteso come una sorta di rottura nell’ambito del quale lo scambio tra partecipante, esposizione e visitatore non è passivo o predeterminato. È uno scambio reciproco, una forma di confronto glorioso e imprevedibile, da cui ognuno esce trasformato e incoraggiato ad andare avanti verso un nuovo futuro. Cremascoli ricorda il discorso del “bla-bla-bla” che l’attivista Greta Thunberg pronunciò a Glasgow durante la 26a conferenza sul clima delle Nazioni Unite, rivolgendo un monito non solo a coloro che amministrano il pianeta, ma anche a chiunque lo abiti. Il cambiamento è fatto dunque sia di piccoli che di grandi azioni, quale migliore metafora se non la cura di un giardino?

Valentina Piscitelli, Giornalista pubblicista, autrice televisiva e architetto. Si occupa di comunicazione strategica e Relazioni Pubbliche per professionisti, Istituzioni e Aziende. Scrive stabilmente per riviste specializzate, collabora per quotidiani, webzines. Tra il 2007 e il 2017 ha curato l’edizione della Trasmissione “Vivere l’Architettura” per 10 serie consecutive. Fino al 2017, per otto anni, ha ricoperto il ruolo di Segretario della sezione laziale dell’Istituto Nazionale di Architettura. Dal 2020 è membro dell’Associazione. Tevereterno Onlus con la quale ha ideato il progetto REGINA AQUARUM, vincitore dell’Avviso pubblico Estate Romana 2020-2022. Tra il 2012 e il 2021 ha fornito assistenza al Dipartimento Ambiente Energia e Sostenibilità del Consiglio Nazionale Architetti P.P.C. supportando l’organizzazione e gestione dei processi di promozione dell’architettura sostenibile attraverso il contributo all’ideazione di iniziative ed eventi di formazione e di progetti per diffondere le pubblicazioni e le attività del Dipartimento nell’ambito di Fiere, Convegni, Mostre di architettura, Biennali. Nel 2023 ha ricoperto il ruolo di Segretario tecnico della Biennale dello Spazio Pubblico. Attualmente collabora con il Dipartimento Esteri e internazionalizzazione del Lavoro del CNAPPC alle attività di supporto per il progetto “Design for Peace”, iniziativa realizzata dal Consiglio Nazionale degli Architetti PPC e dall’Ordine degli Architetti PPC di Roma e provincia, con il sostegno del Dipartimento per le Politiche Giovanili e il Servizio Civile Universale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con il patrocinio e supporto tecnico dell’Ambasciata d’Ucraina nella Repubblica italiana. Diversi i riconoscimenti ricevuti: nel 2000 vince il 5° concorso letterario multiculturale Lune di Primavera, nel 2006 – come membro di Centola & Associati ottiene il Global Silver Awards Bangkok – consegue il secondo Premio per il progetto Waterpower, nel 2008 riceve la segnalazione al premio “Bruno Zevi” per la Diffusione della Cultura Architettonica per il programma “Vivere l’Architettura” e nel 2017 quella alla IV edizione del Premio letterario le streghe di Montecchio per l’editore Fefè con il racconto “Le streghe viaggiano in FM”. Dal 2022 è membro del Consiglio direttivo dell’Accademia Angelico Costantiniana di Lettere, Arti e Scienze con la quale è impegnata nella missione di costruire ponti tra l’Occidente latino e l’Oriente bizantino attraverso progetti di alta formazione scientifica e iniziative di scambio culturale tra Paesi. www.valentinapiscitelli.it

Valentina Piscitelli, foto di Stefano Mileto

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